Sottoprodotti o rifiuti: primi chiarimenti da parte del ministero
Sul sito del Ministero dell’Ambiente è stata pubblicata la nuova circolare esplicativa in tema di sottoprodotti (prot. 7619 del 30 maggio 2017). La circolare fornisce chiarimenti per l’applicazione uniforme del D.m. 264/2016 in vigore dal 2 marzo 2017 recante “Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”.
Si ribadisce innanzitutto che l’ultimo D.m. 264/2016 non innova in alcun modo la disciplina sostanziale esistente sui sottoprodotti e non contiene né un “elenco” di materiali senz’altro qualificabili alla stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto senz’altro costituenti “normale pratica industriale”: così facendo la valutazione del rispetto dei criteri indicati è rimessa ad un’analisi caso per caso, riconfermando quanto già espresso in precedenza.
Il D.m. 264/2016 è quindi da considerarsi quale strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati (operatori, P.a., organi di controllo, etc.) per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto: la sua finalità è sempre stata quella di consentire una più sicura applicazione della normativa vigente.
Di seguito riportiamo i punti più significativi della circolare.
Sotto il profilo sostanziale, si conferma che la qualifica di sottoprodotto non potrà mai essere acquisita in un tempo successivo alla generazione del residuo, non potendo un materiale inizialmente qualificato come rifiuto divenire successivamente un sottoprodotto.
Relativamente all’onere dalla prova, ogni soggetto che interviene lungo la filiera è tenuto alla dimostrazione dei requisiti richiesti dalla legge per la qualifica come sottoprodotto limitatamente a quanto sia nella propria disponibilità e conoscenza.
Per quanto riguarda il concetto di “normale pratica industriale”, le operazioni svolte sul residuo non devono essere necessarie a conferire allo stesso particolari caratteristiche sanitarie o ambientali che il residuo medesimo non possiede al momento della produzione, perché lo scopo della disposizione è quello di evitare che, inquadrando come “normale pratica industriale” un’attività (ad esempio, finalizzata a ridurre la concentrazione di sostanze inquinanti o pericolose), possano essere sostanzialmente eluse le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e le relative necessarie cautele ed autorizzazioni.
Circa la legalità dell’utilizzo, viene precisato che se esiste una disciplina che regolamenta l’uso del sottoprodotto, la mancata rispondenza dello stesso ai requisiti richiesti dalla norma o l’aver effettuato un impiego difforme rispetto a quanto previsto, ne determina la qualifica come rifiuto, per mancata sussistenza del requisito di cui trattasi; quando, invece, non vi siano particolari vincoli normativi fissati per l’utilizzo del materiale, rimane comunque ferma la necessità di dimostrare che l’impiego dello stesso non porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Riguardo alle perplessità sulla figura dell’intermediario del sottoprodotto, la Circolare ammette che, sebbene sia riconosciuta la possibilità che il trattamento sia effettuato anche da soggetti intermediari, l’eventuale eccessiva molteplicità di passaggi e di operatori lungo la filiera potrebbe rendere maggiormente complicata la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.
Infine si chiarisce che la possibilità di gestire un residuo quale sottoprodotto, e non come rifiuto, non dipende in alcun modo, né in positivo né in negativo, dalla esistenza della documentazione probatoria prevista nel decreto né dalla iscrizione nell’ elenco istituito presso le Camere di commercio. Infatti, l’istituzione e la tenuta dell’elenco non prevedono alcuna attività istruttoria, sotto il profilo amministrativo, da parte delle Camere di commercio competenti: queste ultime, infatti, si limitano ad acquisire le domande di iscrizione e a riportare tali dati nell’elenco.